La difesa della razza


5 agosto 1938 esce il primo numero de La difesa della razza, quindicinale di propaganda razziale e antisemita.

Il comitato di redazione è formato da nomi ben noti: Guido Landra (l’estensore del Manifesto della razza), Lidio Cipriani (professore di antropologia a Firenze), Leone Franzì (assistente nella clinica pediatrica dell’Università di Milano), Marcello Ricci (assistente di Zoologia a Roma) e Lino Businco (assistente di Patologia all’Università di Roma), e ne è direttore quel Telesio Interlandi che, alla direzione del quotidiano fascista Il Tevere, si era distinto nelle campagne antisemite del 1934 e del 1936-37.

A partire dal 20 settembre 1938 segretario di redazione della rivista fu Giorgio Almirante, che divenne successivamente leader del Msi (Movimento Sociale Italiano). Vi collaborò anche il famoso pensatore tradizionalista Julius Evola – che fu cacciato nel 1942 con l’accusa di “comunista” e “anti-razzista”. Tra i collaboratori anche Indro Montanelli, Giovanni Spadolini ed Amintore Fanfani.

La rivista appare sulla scena con un poderoso sostegno finanziario e politico, accompagnata da una martellante campagna pubblicitaria. In particolare, il ministro dell’educazione Bottai, con una circolare ministeriale del 6 agosto 1938, inviata a tutti i rettori delle università e a tutti i direttori degli istituti scolastici superiori, invita in modo assai energico le dette istituzioni a contribuire alla diffusione capillare della rivista e all’assimilazione diligente dei suoi contenuti. Un fascicolo conservato nell’Archivio di Stato di Roma, ci informa che la tiratura della rivista passò dalle 140-150.000 copie dei primi numeri alle 19-20.000 copie del periodo luglio-novembre 1940 (delle quali circa 9000 distribuiti come omaggi o per abbonamenti).

Nel rilanciare l’antisemitismo in termini molto più espliciti e aggressivi di quanto non fosse mai accaduto in precedenza, La difesa della razza si affiancò ad altre testate d’assalto come Il Tevere di Telesio Interlandi, Il regime fascista di Roberto Farinacci, La vita italiana di Giovanni Preziosi, La Civiltà Cattolica dei gesuiti, e tante altre pubblicazioni minori, come Diritto razzista, Razza e civiltà e La stirpe. Ognuna di esse si specializzò su un aspetto particolare della propaganda antisemita per giungere a conclusioni convergenti. Se anche La difesa della razza non riuscì a convincere gli italiani (o la maggior parte di essi) della validità delle sue tesi estremistiche, resta comunque il fatto che essa contribuì a creare (o a consolidare) un clima di intensa diffidenza e di avversione nei confronti degli ebrei (ma anche degli africani, degli zingari, dei meticci, dei malati di mente, e di tutti coloro che venivano presentati come una minaccia per la presunta purezza della razza italiana), senza il quale il regime non avrebbe potuto agire indisturbato. Attraverso la ripetizione martellante di stereotipi razzisti ammantati di autorevolezza scientifica, i 118 numeri de la difesa della razza fornirono, se non altro, un pretesto a coloro che, tra il 1938 e il 1943, scelsero di non vedere, o di non preoccuparsi di ciò che stava accadendo sotto i loro occhi.

Autore: Comandante Lupo

Ho ricercato e raccolto storie di vita, di guerra, di resistenza. Ne ho pubblicate, altre sono ancora da scrivere. Sono sempre alla ricerca di nuove storie se vuoi aiutarmi nella ricerca contattami.

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